Mark Knopfler - Got to Have Something - Mark Knopfler's World

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Testi e traduzioni


Mark Knopfler
Privateering

Pubblicazione: 3 settembre 2012
Durata: 90min 07s
Dischi: 2
Tracce: 20
Etichetta: Mercury Records, Universal
Produttore: Mark Knopfler, Guy Fletcher e Chuck Ainlay
Registrazione: British Grove Studios di Londra, 2011-2012


Disco 1

Disco 2

Deluxe Edition bonus disc
Hill Farmer's Blues - 5:18    

Super Deluxe Edition bonus disc
Follow the Ribbon - 8:07    

Traccia disponibile con il download digitale da http://www.amazon.de


A cura di Francesco Moretti

Il viaggio di ritorno continua, e le navi da catturare continuano a profilarsi all’orizzonte.
Con “Got To Have Something”, Capitan Knopfler torna all’assalto di uno dei suoi generi preferiti, il blues (qui parecchio ritmato), proposto, in questo doppio album, in mille salse.
Lo scenario di questa canzone è una città del sud degli Stati Uniti, come per esempio New Orleans, più o meno negli anni ’30, con il suo inconfondibile crogiuolo di povertà, religione e musica, e il personaggio principale è, o sembra essere, una specie di Robert Johnson antecedente all’incontro con il Diavolo ai crocevia, non troppo istruito o colto, vivente di espedienti, con la chitarra in spalla e la bottiglia in tasca, mai troppo lucido, nemmeno nei momenti di lontananza dall’alcool.
Nel testo vediamo descritto il suo disperato appello, in un inglese un poco raffazzonato, al proprietario di un qualche locale (probabilmente), che gli permetta di suonare, anche per pochi soldi, anche senza ragazze allegre pronte a concedersi a lui per la sua, vera o presunta, bravura o avvenenza, per aver maniera di sbarcare il lunario.
O anche solo per bere, al solo scopo di dimenticare, anche se per un breve lasso di tempo, i propri guai.
È difficile stabilire se questa sia una canzone-ritratto oppure una canzone di situazione, dove Mark descrive se stesso sotto altre forme (Forse tutte e due? Dopotutto il personaggio si trova, come scritto nel testo, “in dire straits”, come il Nostro da giovane...), anche perché i riferimenti a questa canzone, in rete, sono pochi e vaghi.
Lo stesso testo non è, propriamente, un poema messo in musica, ma si sa, il blues colpisce più per l’alchimia tra accordi, note e voce, più che per i testi delle sue canzoni.
Cosa mettere in evidenza, quindi, di questo brano, per certi aspetti considerabile come ordinario, seppure gradevole?
Un importante accenno, sia storico che di costume, quello alla festa del pesce fritto, oppure “fish fry”.
Traente le sue origini direttamente dalla tradizione cattolica, che prevede di non mangiare carne durante il Venerdì Santo, giorno della crocifissione di Gesù, in preparazione alla Pasqua, giorno della sua resurrezione, la festa del pesce fritto ha le sue radici nella cultura degli immigrati tedeschi negli stati del Midwest, specialmente il Wisconsin, e si è diffusa in tutti gli Stati Uniti d’America durante gli anni ’20 e ’30, quando il Proibizionismo vietava la vendita di alcoolici nei locali, e le cene a base di pesce fritto erano viste come una nuova fonte di entrate, essendo l’ingrediente principale facilmente reperibile dai vicini fiumi e laghi, e vendibile relativamente a buon prezzo.
Tornando all’ambientazione del brano, le feste del pesce fritto erano (e sono), nel sud degli Stati Uniti, viste come una occasione di ritrovo e divertimento, organizzate in spazi aperti oppure in grandi saloni, con spesso buona musica di contorno, così come gioco d’azzardo, bevande alcooliche di contrabbando e incontri amorosi fugaci, e finivano per durare più giorni, come attestato in questo estratto dal libro “Hidden History Of Mississippi Blues” di Roger Stolle:

“Sai cosa avevano in comune, i grandi musicisti blues di una volta? Suonavano tutti dal profondo dell’anima.
Era un periodo in cui la gente amava ritrovarsi insieme, ed organizzava queste grandi feste del pesce fritto al venerdì, ogni volta in un cortile di casa diverso, cominciando a preparare le pietanze a mezzogiorno, per poi festeggiare il venerdì, sabato e domenica sera fino alle ventitre.
I musicisti andavano là, spesso armati solo della loro chitarra, e suonavano tante canzoni differenti.
E la gente ballava, cantava e giocava d’azzardo tutto il tempo…”.

Un altro esempio di cosa poteva diventare un tale ritrovo lo vediamo nella canzone “Saturday Night Fish Fry” di Louis Jordan, cantata dallo stesso e dal suo gruppo, i Timpany Five.
In questo grande successo boogie woogie del 1949, talmente lungo (quasi cinque minuti e mezzo) da dover essere diviso in due parti per occupare entrambe le facciate di un disco a 78 giri, e considerato dal grande Chuck Berry uno dei primissimi esempi di rock and roll, viene descritta la movimentatissima serata di due musicisti itineranti che si recano ad una festa del pesce fritto nella celeberrima Rampart Street di New Orleans.
Festa che, molto presto, accende gli entusiasmi un po’ troppo eccessivamente, e viene fatta terminare dalla polizia, con il narratore che viene malmenato e arrestato, finendo per passare la notte in guardina. Ascoltatelo, ne vale la pena.
Chioso con un parere personale, che è poi quello di preferire sicuramente questo tipo di ritrovi alle discoteche o ai rave party di adesso, ringrazio il Capitano per questa ulteriore conquista ed attendo fiducioso la prossima tappa del viaggio.


Devo bere qualcosa

Beh, se non hai del whisky,
non dirmi che non hai del gin.
Se non hai del whisky,
Non dirmi che non hai del gin.
Beh, devo bere qualcosa,
ho bisogno di prendere la mia medicina.

Beh, posso suonare alla tua festa del pesce fritto,
o suonare per qualche monetina in città.
Posso suonare alla tua festa del pesce fritto,
e posso suonare per qualche monetina in città.
Beh, devo guadagnare qualcosa,
per non cadere in miseria.

Beh, lascia che ti suoni una cosa,
qualcuno deve pur essere pagato.
Sì, lascia che ti suoni una cosa,
qualcuno deve pur essere pagato.
Beh, devo pur farmi avere qualcosa,
anche se non riuscirò a farmi qualcuna (1).

Eh sì, se non hai del whisky,
non dirmi che non hai del gin.
Se non hai del whisky,
non dirmi che non hai del gin.
Beh, devo bere qualcosa,
ho bisogno di prendere la mia medicina.
Sì, devo bere qualcosa,
ho bisogno di prendere la mia medicina.


Lyrics

Got to Have Something

Well, if you ain’t got whiskey,
don’t tell me that you ain’t got gin.
If you ain’t got whiskey,
don’t tell me that you ain’t got gin.
Well, i got to have something,
need to get my medicine.

Well, i can play your fish fry,
play for change in town.
I can play your fish fry,
i can play for change in town.
Well, i got to have something,
keep me from going down.

Well, let me play you one thing,
somebody must have just got paid.
Yeah, let me play you one thing,
somebody must have just got paid.
Well, i got to have something,
even if i don’t get laid (1).

Yes, if you ain’t got whiskey,
don’t tell me that you ain’t got gin.
If you ain’t got whiskey,
don’t tell me that you ain’t got gin.
Well, i got to have something,
need to get my medicine.
Yeah, i got to have something,
need to get my medicine.


(1) …anche se non riuscirò a farmi qualcuna (…even if i don’t get laid):
“Get laid”, letteralmente “mettersi sdraiati”, non propriamente per dormire o comunque riposarsi.
Trattasi infatti di coloritissima espressione per dire “fare l’amore”, ma nei modi e nelle maniere che ci aspetteremmo nelle peggiori bettole dei bassifondi.


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