Mark Knopfler - 5.15 A.M. - Mark Knopfler's World

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Testi e traduzioni


Mark Knopfler
Shangri-La

Pubblicazione: 28 settembre 2004
Durata: 66 min
Tracce: 14
Etichetta: Warner Brothers, Mercury
Produttore: Mark Knopfler e Chuck Ainlay
Registrazione: 2004, Shangri-la studio di Malibu, California




A cura di Francesco Moretti

Shangri-La, definizione: Luogo immaginario, descritto nel romanzo “Orizzonte Perduto” di James Hilton del 1933, che ebbe l’idea leggendo le memorie dei gesuiti che avevano soggiornato in Tibet e che erano venuti a conoscenza delle tradizioni legate al testo chiamato Kalachakra Tantra, nel quale si descrive il mitico regno di Shambhala.
Locato, secondo l’autore, nell’estremità occidentale dell’Himalaya, Shangri-La è un luogo nel quale si vedono bellissimi paesaggi, ed è organizzato come una comunità lama perfetta, dalla quale sono bandite la stragrande maggioranza delle debolezze umane, ed in cui l’occupazione principale degli abitanti è quella di produrre cibo nella misura strettamente necessaria al sostentamento e trascorrere il resto della giornata nella cura della conoscenza interiore e della scienza e nella produzione di opere d’arte. Praticamente un Eden materiale e spirituale.

Il primo, struggente episodio di questo viaggio alla ricerca di quanto sopra descritto, prende spunto da un fatto realmente accaduto, più precisamente l’assassinio a colpi di arma da fuoco del malavitoso Angus Sibbet, avvenuto il 4 dicembre del 1967.
Il suo corpo venne ritrovato alle cinque e un quarto del mattino dopo (da qui il titolo), e del suo omicidio vennero accusati gli altrettanto malavitosi Dennis Stafford e Michael Luvaglio, scagnozzi del proprietario del Birdcage Club (citato nel primo intermezzo del testo), Vince Landa, che aveva assoldato Sibbet per affidargli il giro delle slot machines, allora come adesso autentiche fabbriche di soldi facili.
La ragione del delitto è da ricercarsi nel vizio di Sibbet di trattenere cifre superiori a quanto pattuito in partenza, e questo gli sarebbe costato la vita (sebbene Stafford e Luvaglio, condannati in via definitiva per l’omicidio, si siano sempre dichiarati innocenti).
Il Nostro, comunque, partendo da questo avvenimento, compie una mirabile descrizione del cambiamento che andava perpetuandosi nel nord dell’Inghilterra in quel periodo (In meglio o in peggio? A voi la scelta), con la gente del fiume Tyne, tra i quali tantissimi lavoratori in miniera, rimasta spaesata da questo nuovo stile di vita e da questo repentino evolversi delle cose.
Una comunità, descritta con profondo affetto, dove il lavoro in miniera cominciava in tenera età, per pochi soldi e, spesso, ti portava via la vita, o per incidente o per malattia.
E sono proprio questi ultimi, a raggrupparsi intorno ai finestrini dell’auto dove questo “Uomo Delle Slot Machines” ha trovato la fine dei suoi giorni, inseguendo il suo personale “Shangri-La”, al quale essi hanno, con quel pizzico di ingenuità tipico delle persone semplici, contribuito spendendo parti più o meno cospicue dei propri risparmi.
Voi che dite? Alla fine a chi ha giovato realmente, questo Shangri-La indotto?


Le cinque e un quarto del mattino

Le cinque e un quarto del mattino,
neve tutto intorno,
un minatore pedala verso casa
dal suo turno di notte nelle viscere della terra.
Oltre il pub silenzioso,
la scuola elementare ed il dopolavoro,
sulla strada dall’ingresso della miniera,
il cimitero della chiesa pieno
di minatori morti.

Poi, sotto un ponte,
si avvicina ad una grossa auto,
una spolverata di neve sul tetto,
una Jaguar MK 10.
Pensò che quell’uomo avesse avuto un colpo di sonno,
silenzioso, immobile e in maniera profonda.
Era morto stecchito,
ucciso a colpi di arma da fuoco,
coi fori dei proiettili in bella vista.

L’Uomo Delle Slot Machines
venne al nord per fare soldi,
salì dalla terra dei Cockney,
Jaguar E-Type e vestiti sgargianti.
Inserisci la moneta,
tira le leve,
guarda i simboli girare,
galline dalle uova d’oro in tutti i pub,
ma lui preferì i nuovi nightclub.

Anno millenovecentosessantasette,
slot machines nel paradiso del Birdcage,
la dolce vita, il ‘69,
tutte cose nuove, per la gente del Tyne.

Chissà chi fece che cosa,
qualcuno fece una telefonata,
dissero che lo colsero
con le mani nel sacco,
che se ne era intascati un mucchio.
Lui raccoglie i soldoni
che essi felicemente gettano al vento,
si mette al volante della sua grossa Jaguar
e guida verso il suo gran giorno di paga.

L’Uomo Delle Slot Machines
venne al nord per fare soldi,
salì dalla terra dei Cockney,
Jaguar E-Type e vestiti sgargianti.
L’Uomo Delle Slot Machines
percorse la grande strada verso il nord
fino alla terra dei Geordie,
per estrarre
dal filone principale.

Le vene esplodevano o crollavano,
i diamanti neri venivano estratti a caro prezzo,
intere generazioni faticavano, scavando gallerie,
per uno stipendio da fame e la silicosi.
Schiacciati dai carrelli trasportatori o dai massi,
insieme
o da soli,
in quel modo, i giovani ed i vecchi,
pagarono il prezzo del carbone.

Anno milleottocentosessantasette,
il mio angelo è andato in Paradiso.
Sarà felice, lassù,
con la luce del sole e l'aria pulita e dolce.

Si accalcano intorno ai finestrini,
i tagliapietre e gli scavatori di gallerie,
i bambini che aprono i portelli e gli scarriolanti,
i piccoli aiutanti e le “mezze spine dorsali”,
che spingevano
e tiravano i carrelli,
i ragazzini trasportatori
ed i pulitori di cunicoli.
Alle cinque e un quarto del mattino…


Lyrics

5.15 A.M.

Snow laying all around
A collier (1) cycles home
From his night shift underground
Past the silent pub
Primary school, workingmens club
On the road from the pithead
The churchyard packed
With mining dead

Then beneath the bridge
He comes to a giant car
A shroud of snow upon the roof
A mark ten jaguar
He thought the man was fast asleep
Silent, still and deep
Both dead and cold
Shot through
With bullet holes

The one armed bandit man (2)
Came north to fill his boots
Came up from cockneyland (3)
E-type jags and flashy suits
Put your money in
Pull the levers
Watch them spin
Cash cows in all the pubs
But he preferred the new nightclubs

Nineteen sixty-seven
Bandit men in birdcage heaven
La dolce vita, sixty-nine
All new to people of the tyne

Who knows who did what
Somebody made a call
They said his hands
Were in the pot
That he'd been skimming hauls
He picks up the swag
They gaily gave away
Drives his giant jag
Off to his big pay day

The bandit man
Came north to fill his boots
Came up from cockneyland (3)
E-type jags and flashy suits
The bandit man
Came up the great north road
Up to geordieland
To mine
The mother lode

Seams blew up or cracked
Black diamonds came hard won
Generations toiled and hacked
For a pittance and black lung
Crushed by tub or stone
Together
And alone
How the young and old
Paid the price of coal

Eighteen sixty-seven
My angel's gone to heaven
He'll be happy there
Sunlight and sweet clean air

They gather round the glass
Tough hewers (4) and crutters (5)
Child trappers (6) and putters (7)
The little foals (8) and half-marrows (9)
Who pushed
And pulled the barrows
The hod boys (10)
And the rolleywaymen (11)
5.15 A.M.


* * * *

(1) Collier: Altro nome con cui identificare il minatore.
(2) One-Armed-Bandit: Nome in gergo, indicante le slot machines originali, inventato prendendo spunto dalla unica e grossa leva posta, di solito, sul lato destro, da tirare verso il basso dopo aver inserito la monetina.
Oggi, con i pulsanti, queste licenze poetiche, ahimè, non sono più possibili...
(3) Cockneyland: la zona dell’East End di Londra, tipicamente proletaria, che si estende dalla chiesa di St. Mary-Le-Bow (un vero Cockney, secondo i detti popolari, è qualcuno nato in un luogo abbastanza vicino da poter sentire le sue campane).
(4) Hewer: Tagliapietre o spaccapietre. Quel minatore, solitamente adulto (ma poteva essere anche un ragazzo, a patto fosse abbastanza robusto), incaricato di frantumare i grossi massi nell’escavazione delle gallerie.
(5) Crutter: Il minatore incaricato di scavare le gallerie ed i cunicoli ed, all’occorrenza, di piazzare cariche esplosive per rimuovere ostacoli rocciosi troppo resistenti per essere frantumati a braccia (dal termine gergale “Crut”, che significa “galleria sotterranea, scavata attraverso strati di roccia”).
(6) Child Trapper: Qui entrano in scena, ahimè, i lavoratori bambini. Il Child Trapper era quel bambino, nel vero senso della parola (età da scuola elementare, dai 7 anni in su, pagato ovviamente una miseria), che aveva il compito di aprire i portelli delle gallerie e dei cunicoli di collegamento, al sopraggiungere dei vagoni carichi di carbone.
(7) Putter: Il minatore incaricato di spingere o trainare i vagoni carichi di carbone, di solito adulto, ma anche qui valeva la regola dell’Hewer.
(8) Foal: Aiutante ragazzino del Putter (anche qui età quasi infantile), che svolgeva, ovviamente, lo stesso lavoro.
(9) Half-Marrow: Veniva chiamato in quel modo il minatore adolescente (“Mezza Spina Dorsale”, 14-15 anni di età) che, in coppia con un suo simile, faceva anch’egli il lavoro del Putter. Difatti, due Half-Marrows spingevano o trainavano un vagone.
(10) Hod Boy: Altro ragazzino lavoratore in miniera, che aveva il compito di portare in superficie, dentro ceste caricate in spalla, tutto quel carbone che, a causa della strettezza di certe gallerie e cunicoli, non poteva essere caricato sui vagoni, perché gli stessi non potevano passarvi attraverso. Inutile descrivervi la fatica…
(11) Rolleywayman: Era lo “spazzino” della miniera. Il suo compito era quello di tenere “puliti”, cioè sgombri da detriti e pietre, i cunicoli e le gallerie, in modo che il lavoro si svolgesse con il minor numero possibile di impedimenti.
L’episodio descritto da Mark nel secondo ed ultimo intermezzo del testo è l'incidente alla Washington Colliery, situata cinque miglia e mezzo a sud-est di Newcastle, avvenuto il Primo di Giugno del 1867, in cui, per colpa di un errore umano, una gabbia elevatrice ebbe i cavi tranciati e precipitò lungo i circa 230 metri del pozzo che stava risalendo, uccidendo otto adulti e due ragazzini.
È, probabilmente, alla mamma di uno di questi ultimi che il Nostro si riferisce, nel verso “1867, my angel's gone to Heaven…”.



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