Mark Knopfler - My Heart Has Never Changed - Mark Knopfler's World

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Testi e traduzioni


Mark Knopfler
Tracker

Pubblicazione: 17 marzo 2015
Durata: 60 min : 34 sec
Tracce: 11
Etichetta: Mercury, Verve
Produttore: Mark Knopfler e Guy Fletcher
Registrazione: British Grove Studios (Londra), 2013-2014
Formati: CD, LP



Bonus tracks Deluxe Edition

Bonus tracks Limited Edition Box
Oklahoma Ponies (traditional, con liriche di Knopfler) - 5:19

Bonus track Edizione tedesca
Hot Dog - 2:53


A cura di Francesco Moretti

Se è vero, come è vero, che una parte del materiale musicale presente in questo album prende spunto dai due tour, uno in Europa e l’altro in America, del Nostro insieme a Bob Dylan, ecco che questa My Heart Has Never Changed può esserne indicata come la Prova C, dopo Lights Of Taormina e Silver Eagle.
Una lenta e malinconica ballata, suonata su semplicissimi accordi primari di chitarra acustica, e cantata dal Nostro in modo leggermente calante, quasi a voler inscenare un colloquio con il pubblico (non propriamente un talkin’, come Dylan era solito fare, ma un poco vi somiglia) piuttosto che cantare una canzone, al punto che, se non fosse per il tono inconfondibile della voce di Mark, ci sembrerebbe di ascoltare il Menestrello del Minnesota durante una delle sue leggendarie esibizioni al Greenwich Village negli anni ’60.
Anche l’ambientazione del contesto è molto più dylaniana che knopfleriana, in quanto lo scenario trattato è quello dell’America Profonda, più precisamente quello dello stato del Texas, ma a quello arriveremo in seguito.
È quando arriviamo alla descrizione del protagonista (anzi, dei protagonisti), che, finalmente, troviamo traccia tangibile del bagaglio culturale del Nostro.
Il personaggio principale della canzone è, infatti, un vecchio (così come egli stesso si definisce) camionista, ogni giorno o quasi al volante per guadagnarsi di che vivere (e di quanto siano stati importanti i camionisti di buon cuore durante gli anni adolescenziali di Mark lo ricordate tutti, vero?).
Lo incontriamo mentre si trova, probabilmente, dal meccanico della concessionaria della sua auto, portata lì per un intervento ai freni, in fase di svolgimento e che verrà completato nel giro di poco tempo.
Nell’attesa, una cameriera provvede a rendere confortevole la permanenza con qualche bevanda calda, ed è qui che la vicenda comincia a snodarsi ed a rivelarsi all’ascoltatore.
Questo camionista è stato lasciato da poco dalla compagna (oppure lui l’ha lasciata, non si capisce bene), e questa cameriera, evidentemente, gliela ricorda in qualche particolare.
Ed ecco, allora, affiorare i ricordi.
Le miglia percorse al volante, il sentimento ancora vivo nonostante la separazione, la mente che ricorda il mondo com’era una volta, nel bene e nel male.
Nel male rimembrando l’enorme confusione, ai limiti della violenza, del traffico della Texas State Highway 199 da Jacksboro fino a Fort Worth, nel bene riportando alla memoria gli incontri ad Hell’s Half Acre e le fugaci ore passate a fare l’amore in una delle stanze dei vari alberghi lungo l’attuale Exchange Avenue, ben conscio che nulla dura per sempre, che non è possibile riportare indietro il tempo, ma che tutte quelle cose lì, ogni tanto, fanno sentire la loro mancanza.
Ed il cuore, inteso come stato d’animo, che non è mai cambiato, e sempre si rifiuterà di farlo.
Laddove la gucciniana Autogrill interrompeva il flusso dei ricordi e delle intenzioni del protagonista all’arrivo di una coppia di sorpresa, questa seconda canzone bonus vede l’interruzione dell’incantesimo all’avvicinarsi della cameriera per un’ulteriore tazza di caffè, unita all’annuncio dell’avvenuto termine del lavoro di riparazione.
Bisogna tornare sulla strada, bisogna tornare a vivere.
Ed allora si paga il conto, compresa una generosa mancia per i servigi offerti dalla ragazza, e via, a vedere un altro poco di mondo.
Ma senza che il cuore/stato d'animo si rassegni a cambiare.
Come giudicare questo secondo brano aggiuntivo alla scaletta originale?
A mio modesto modo di vedere, come ad un gradito intermezzo, non propriamente knopfleriano come stile, bensì fortemente influenzato da quello del suo illustre collega premio Nobel.
Gradevole seppure non destinato a venire ricordato in eterno, bello da ascoltare per una riflessione tranquilla e rilassata tra un brano importante e l’altro.
Perché seppure non trascendentale, offre più di uno spunto sul quale meditare, cullati da una musica di grande atmosfera.
Parere personale, s’intende.

Al prossimo ricordo.


Il mio cuore non è mai cambiato

La mia auto è dal meccanico per un lavoretto ai freni,
sarà pronta tra poco,
un qualche cosa della cameriera
mi ha fatto pensare al tuo sorriso.
Le allungo un biglietto da dieci,
provo a leggere il suo nome,
non sono che un vecchio camionista,
uno che si guadagna la paga, in quel modo, ogni giorno (1).

Sa solo il Cielo quante autostrade ho percorso,
da quando non siamo più insieme,
ma il mio cuore non se la sente di lasciarti,
o meglio, tu non lascerai mai il mio cuore.
Ogni tanto posso prendere
qualcosina per calmare il dolore,
ma non esiste granché per il mal d’amore,
ed il mio cuore non è mai cambiato,
il mio cuore non è mai cambiato.

Adesso non c’è più il casino di una volta,
lungo l’Autostrada 199 (2).
Niente dura per sempre,
c’è che, ogni tanto, mi manca.

Lei viene a versarmi ancora del caffè,
ma è ora di vedere un altro po’ di mondo,
prendo su la mia ricevuta e le chiavi
e vado a pagare quella ragazza.
La mia mente torna a Hell’s Half Acre (2),
ed alle stanze lungo Exchange (2),
e gli scenari variano sempre,
ma il mio cuore non è mai cambiato,
il mio cuore non è mai cambiato.


Lyrics

My heart has never changed

My car’s in for a brake job,
be ready in a while,
something about the waitress
made me think about your smile.
I tip her a ten spot,
and I try to read her name,
i’m just an old long hauler,
a grinder at the game (1).

Heaven knows the highways,
since we’ve been apart,
but my heart don’t feel like leaving,
or you won’t leave my heart.
Now and then I might take
a little something for pain,
but there’s nothing much for heartache,
and my heart has never changed,
my heart has never changed.

Now there’s no more rough and tumble,
down Highway 199 (2).
Nothing lasts forever,
i just miss it sometimes.

She comes to pour more coffee,
but it’s time to see more world,
i pick up my check and keys
and go and pay the girl.
My mind’s in Hell’s Half Acre (2)
and the rooms along Exchange (2),
and the scenes are always shifting,
but my heart has never changed,
my heart has never changed.


(1) …uno che si guadagna la paga, in quel modo, ogni giorno. (…a grinder at the game):
L’origine di questa espressione proviene dal mondo del gioco.
Nel poker, per esempio, il “grinder” è quel giocatore che gioca le proprie partite centellinando i rischi, allo scopo di portare a casa non tanti soldi, ma sicuri.
Nei videogiochi, è uno che, per progredire ed acquisire, pian piano, sempre maggior esperienza, compie infinite volte sempre le stesse azioni, come per esempio sconfiggere gli stessi nemici in uno sparatutto.
Trattandosi, in questo caso, del contesto della vita di un autotrasportatore, ecco spiegata, in quel senso, la mia traduzione.
Sperando di averci azzeccato.
(2) …Highway 199…Hell’s Half Acre…Exchange…:
Ho messo insieme queste tre voci sotto un’unica spiegazione, in quanto tutte tre essenziali per capire l’ambientazione ed il contesto di questo brano.
Allora, dovete sapere che, nei soli Stati Uniti, le autostrade che portano il numero 199 sono almeno una ventina, sparse sul territorio.
Che i posti dal nome Hell’s Half Acre, tra comunità, luoghi naturalistici oppure storici, sono quattordici.
E che, con il nome Exchange, nel Vecchio West, si indicava un luogo, in genere composto da qualche abitazione adibita ad ufficio postale, oppure maneggio per cavalli, oppure a scambio di merci (da lì il nome), appena fuori dalla città, nel quale giungere, magari dopo una lunga cavalcata, per “scambiare”, per l’appunto, merci, cavalli freschi o posta (per la cronaca, le comunità, negli Stati Uniti, che ancora portano questo nome sono quattro, e si trovano in Indiana, Missouri, Pennsylvania e West Virginia).
Come capire, quindi, l’esatta ambientazione?
Ecco giungere in aiuto, essenziale e gradita come non mai, una voce di Wikipedia trattante lo Hell’s Half Acre locato alle porte dell’attuale Fort Worth, nella contea di Tarrant, in Texas, un notorio e famigerato distretto a luci rosse che si sviluppò a partire dal 1870 come luogo di sosta per i mandriani, lungo le piste che conducevano le mandrie dal Texas al Kansas.
Nel suo momento di massimo splendore, Hell’s Half Acre consisteva di vari hotel, bordelli, case da gioco, attività commerciali più o meno lecite (con maggior preferenza per la seconda ipotesi) e saloon, il più importante dei quali, cioè il White Elephant, famoso per i suoi divertimenti così come per i suoi duelli, localizzato appena al di fuori, vicino appunto al luogo chiamato Exchange in quella zona.
Al giorno d’oggi, Hell’s Half Acre è diventato una meta di interesse turistico, ed i suoi locali storici, tra i quali spicca ancora il White Elephant Saloon, locato al numero 106 di quella che, oggi, si chiama Exchange Avenue, sono visitati da tantissimi turisti, sia statunitensi che provenienti dall’estero, con i primi che, magari, arrivano lì dopo un viaggio in macchina lungo la Texas State Highway 199, che ha Fort Worth come terminale, ed alloggiano negli alberghi, ora assolutamente legali e dotati di ogni comfort, di quella stessa Exchange Avenue.
Capito, gente, a cosa alludeva il camionista?
Sì, lo so, dovrei ringraziare il Nostro per tutte le opportunità che mi ha dato e mi sta dando, di imparare cose per me nuove.
Ma la fatica è davvero tanta e, a volte, mi piacerebbe tanto tradurre testi sui quali non passare le notti in cerca della giusta interpretazione...


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